Quiet Quitting e Internal Mobility: come Trattenere i Talenti Silenziosi

Quit quitting e engagement aziendale

Si parla molto di chi lascia, ma che fare con chi “resta in silenzio” e non sente più engagement con la propria azienda? La retention passa anche dalla capacità di ascoltare chi non alza mai la mano.

Indice degli argomenti:
  1. La crisi dell’engagement
  2. L’ascolto attivo
  3. Formazione e valorizzazione
  4. Attrazione e retention

Il Lato Silenzioso della Crisi di Engagement

Negli ultimi anni, il fenomeno del quiet quitting ha attirato l’attenzione di manager e HR: si tratta di quei collaboratori che, pur non lasciando l’azienda, smettono di sentirsi coinvolti. Rispettano il proprio ruolo, ma senza entusiasmo, senza partecipazione emotiva, spesso senza prospettiva. Non creano conflitto, non fanno richieste e proprio per questo tendono a passare inosservati. Tuttavia, ignorare questi segnali può portare a una lenta erosione del capitale umano interno. In un contesto in cui la talent retention è cruciale, non possiamo permetterci di dare per scontato chi resta. Perché la vera questione non è solo trattenere le persone, ma fare in modo che vogliano restare davvero.

Ascolto Proattivo come Leva Strategica

Se il rischio è perdere chi non si esprime, la risposta è creare spazi sicuri e attivi di ascolto. Le stay interview, ad esempio, sono uno strumento sempre più utilizzato per intercettare in anticipo segnali di disingaggio. Si tratta di conversazioni strutturate – ma informali – in cui il focus non è la performance passata, ma le motivazioni presenti e le aspettative future. Capire cosa tiene una persona in azienda, cosa la fa sentire vista, valorizzata, connessa, è oggi una delle leve più potenti per costruire una cultura del lavoro che non sia solo reattiva. L’ascolto strategico, se fatto con continuità e autenticità, può diventare la base per un nuovo patto di fiducia tra azienda e collaboratori.

Valorizzare chi resta: una Scelta Controcorrente

Nel dibattito sul talento, si tende spesso a puntare tutto sull’acquisizione di nuove competenze e profili brillanti. Ma la vera sfida è riconoscere il valore di chi è già dentro. L’internal mobility rappresenta una risposta concreta: creare percorsi di sviluppo orizzontale e verticale, rendere visibili le opportunità di crescita interna, promuovere il cambiamento di ruolo come leva di engagement. Le persone hanno bisogno di sentirsi in cammino, non incastrate. Investire nei propri talenti “silenziosi” richiede più attenzione e meno clamore, ma genera benefici duraturi: aumenta la retention, rafforza il senso di appartenenza e l’engagement, valorizza la cultura aziendale.

Retention Intelligente: tra Attrazione e Valorizzazione

Meglio puntare su nuovi ingressi o su chi è già parte dell’organizzazione? La risposta non è binaria, ma integrata. Attrarre talenti è fondamentale, ma far crescere quelli esistenti è strategico. Le aziende che sanno farlo sono quelle che riescono a trattenere non solo le persone, ma anche la loro energia, le loro idee, il loro potenziale. In un mercato del lavoro dove la competizione per il talento è altissima, distinguersi significa anche avere il coraggio di rallentare la corsa al “nuovo” per investire con cura in ciò che si ha. Perché a volte i collaboratori più preziosi sono proprio quelli che, in silenzio, aspettano solo l’occasione giusta per brillare.